Ha riscosso grande successo durante l’ultima edizione del Salone del Mobile di Milano (all’interno del Salone Satellite), lo stand del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste, dove il prof. Paolo Ferrari ha presentato l’intera attività della Scuola di Architettura del Polo di Gorizia e, in particolare, il corso di Disegno industriale di cui è docente. Nello stand erano esposti i progetti degli studenti dello scorso anno, relativi a tool boxes, trolley e altre curiose soluzioni studiate in partnership con le aziende italiane Tood e Terry Store, specializzate in produzione di prodotti in plastica e articoli tecnici porta utensili, dal casalingo alla linea professionale. Il corso, facente parte del V anno della Laurea in Architettura a ciclo unico, si rivolge a studenti ormai prossimi all’ingresso nel mondo del lavoro. Esso è pensato per offrire agli allievi un’esperienza concreta di ideazione e progettazione di un concept design, il cui tema viene concordato precedentemente con le diverse aziende che, di anno in anno, si faranno carico di supportare il programma didattico, sia da un punto di vista tecnico, condividendo con il docente e con gli studenti il proprio knowhow, sia dal punto di vista economico, offrendo così la possibilità di coprire le spese relative a mostre e fiere di settore. Inoltre all’azienda è richiesta la possibilità di far visitare il sito produttivo agli studenti della Scuola, in modo da far vivere più da vicino le varie fasi produttive.
La collaborazione Università-Aziende è fortemente voluta dalla Scuola, in quanto è ritenuta di primaria importanza per la formazione dei propri allievi e, nel caso del corso di design, utile a far comprendere ai futuri architetti quale siano le tecnologie in uso, al fine di giungere ad un obbiettivo condiviso e a progetti di concept che siano ulteriormente sviluppabili, in previsione di un’eventuale messa in produzione. Quindi: progettazione intesa come punto di partenza di un processo mentale complesso che dia vita ad un prodotto al tempo stesso innovativo, inedito ed assolutamente realizzabile. Il corso prevede una serie di lezioni frontali che spiegano, in maniera approfondita, tutti i processi industriali, partendo dall’analisi dei quattro materiali ritenuti principali, ovvero: plastiche, metalli, legno e tessuto. Viene inoltre data particolare enfasi alle problematiche legate al packaging, alla logistica e al budget, allo scopo di far comprendere che il design deve necessariamente rispondere a richieste di natura economica e tecnologica, imprescindibili dal prodotto industriale. Tutti gli allievi vengono seguiti passo passo, sia in aula, sia in remoto, nello sviluppo dei progetti, oltre che dal prof. Ferrari e da altri colleghi della Scuola, anche dal responsabile aziendale e da una serie di professionisti specializzati in innovazione e ingegnerizzazione di prodotto e relativi processi. Al termine del corso, dopo che gli alunni sono stati valutati ai fini dell’esame, il prof. Ferrari e il titolare dell’azienda si riuniscono per selezionare i progetti ritenuti più interessanti e vengono di conseguenza concordate royalties per ogni pezzo venduto con gli studenti, unici titolari della proprietà intellettuale dei lavori. Il progetto del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste ha quindi un duplice fine: da una parte l’elevata formazione trasmessa ai giovani da parte della Scuola, tra le poche in Italia ad offrire un corso a ciclo unico, a numero chiuso proprio per garantire una maggior qualità didattica; dall’altra la possibilità immediata per i laureandi di vedere il proprio impegno premiato con un riconoscimento non solo economico, ma anche produttivo e quindi curriculare. Il progetto però non si chiude qui, in quanto il prof. Ferrari, in qualità di libero professionista, offre all’azienda una serie di servizi per l’ingegnerizzazione dei progetti, attraverso il network Wuitoki, eiragazzi titolari dei progetti selezionati hanno la possibilità di entrare a far parte del network stesso per la loro prima ed anche più entusiasmante esperienza lavorativa, poiché direttamente coinvolti nello sviluppo dei propri concept.
“Il problema del cosa fare dopo la laurea è divenuto ormai cronico – racconta il prof. Ferrari - i giovani neo architetti, oltre a soffrire della mancanza di opportunità da parte di studi professionali e aziende, non hanno alcuna possibilità, se non quella di iscriversi a master specialistici o a corsi di alta formazione, che, nonostante rappresentino ottimi modi per accrescere la propria preparazione e cultura, ritardano sempre più l’ingresso dei ragazzi nel mondo del lavoro e, di conseguenza, l’esperienza sul campo. Non mi sorprende – prosegue il prof. Ferrari – che i curricula di molti trentenni siano spesso miseri e privi di esperienze significative; inoltre, va tenuto presente che, nel resto d’Europa, i laureati hanno maturato una notevole manualità all’interno di laboratori professionali, realizzati dalle università stesse, ricevendo in tal modo un’educazione, non solo teorica, ma anche pratica, utilissima per un diretto inserimento nel mondo del lavoro. La tendenza attuale in Europa è quella di auto produrre i propri sogni: i giovani, specialmente nei paesi nordici, diventano così veri e propri imprenditori che, con pochissime risorse, realizzano autonomamente i propri progetti e li presentano a fiere e saloni internazionali. Nel mio corso cerco, grazie alla sinergia tra Università e Industria, di offrire agli studenti una cultura del processo industriale, non basata solo sulla teoria, ma fortemente incentrata sull’importanza dei costi, della fattibilità, dei materiali e dell’innovazione”. I progetti dello scorso anno accademico, presentati in anteprima a Milano, sono stati sviluppati partendo dalla richiesta delle aziende Tood e Terry Store di rivisitare una serie di prodotti legati ai settori del “fai da te” e dei casalinghi: oltre 70 studenti, oggi quasi tutti laureati, hanno prodotto una serie di interessanti concept, di cui alcuni prossimi alla produzione, che spaziano dalla paretina porta oggetti a forma di puzzle, al gilet da lavoro che si trasforma in zaino, dal grembiule attrezzato che diventa borsa al tavolino apribile da agganciare al trolley porta attrezzi, e molti altri ancora. “Tra i progetti più interessanti e innovativi - continua il prof. Paolo Ferrari, illuminandosi di soddisfazione - mi piace ricordare quello relativo alla sicurezza per le automobili in cui il triangolo, che si illumina grazie ad una fascia di lampade rgb a bassissimo consumo e ad alta efficienza, è anche contenitore di una scatola nella quale sono racchiuse tutte le attrezzature utili al soccorso stradale e medico. L’idea è nata ragionando sulla scarsa chiarezza degli accessori obbligatori per la sicurezza a bordo delle automobili, soprattutto se si ragiona in termini di legislazione europea; oltretutto un oggetto come questo risolverebbe una volta per tutte il gran disordine presente nella gran parte delle vetture, proprio a causa di una normativa precisa”.
Il tema della work station è stato affrontato da più gruppi di studenti, sia per la sua complessità, sia perché era espressamente richiesto dalle aziende che ci hanno supportato. Ispirandosi ad un noto designer del passato, la work station assume una forma dinamica e accattivante, i colori utilizzati contribuiscono ad animare luoghi di lavoro spesso grigi e sporchi, l’attenzione verso le nuove tecnologie è presente perché ormai inscindibile dagli usi moderni. Un sistema di cassetti a scomparsa e numerosi porta minuterie sottolineano l’attenzione verso le necessità di chi svolge una professione dove la razionalità e l’ordine sono fondamentali. Molto intelligente è il sistema integrato di prolunga elettrica riavvolgibile e relative prese per i vari utensili elettrici ampiamente utilizzati nelle officine meccaniche. Ampia è la scelta di borse porta attrezzi: da quella che si apre lateralmente, mettendo a disposizione una utilissima superficie metallica sulla quale poter battere in totale sicurezza poiché poggiata sui manici imbottiti, a quella più trendy, pensata per il professionista che si reca in cantiere, senza dover rinunciare ad un certo stile e a materiali ricercati. E ancora: la borsa che si apre e si chiude istantaneamente, tramite il rilascio o la trazione della tracolla, molto utile per chi va sempre di fretta; c’è poi la mini cassetta per piccoli utensili con un sistema di apertura a pulsante, che scopre due differenti scomparti, a seconda della direzione verso cui si scorre il coperchio; interessante la carriola da giardino in plastica e stoffa che, quando non utilizzata, si chiude a compasso e si appende al muro, riducendo al massimo il proprio ingombro; divertente la paretina da appendere alla porta, ispirata alle grafiche di Mondrian, rivestita in velcro, dalla quale posso staccare tutta una serie di contenitori porta minuterie e piccoli accessori, da riporre in una borsa pensata per contenerle senza che si ribaltino, versando il loro contenuto, quando portata in giro. Davvero innovativo, e già opzionato per la produzione, l’accessorio per trolley porta attrezzi che consente di usufruire di un piano di lavoro a scomparsa, che poggia su due gambe telescopiche. Viene così a risolversi l’annoso problema del non sapere mai dove poggiare i propri attrezzi o minuterie quando si lavora a domicilio o in esterni.
“Pochi mesi prima dell’avvio del corso annuale di Disegno industriale - prosegue Ferrari - contatto varie aziende italiane ed estere ed espongo il mio progetto. Devo ammettere che, nonostante il periodo sia critico, c’è una gran voglia da parte di molti imprenditori di rimettersi in gioco e trovare nuove idee da produrre. Grazie al loro supporto e alla condivisione durante tutto lo svolgimento del corso, gli studenti riescono a sviluppare concetti davvero utili e innovativi, ben guidati da me e dai miei collaboratori, l’ing. Marco Visentin, il designer Marco Segna, l’ing. Alessandro Longo Elia e l’arch. Massimo Zappador. Al termine del corso, d’accordo con i vertici aziendale vengono poi selezionati i concept più interessanti che potranno poi sfociare in una produzione di serie. Il ruolo dell’azienda, in tutto questo percorso, non è limitato al semplice supporto economico delle attività di ricerca e sviluppo, ma è parte integrante del progetto: è richiesta la presenza ad una o più lezioni, una presentazione agli studenti nella quale il responsabile aziendale deve raccontare chi sono, di cosa si occupano e cosa si aspettano dal corso. Senza il contributo attivo dell’industria, non saremmo in grado di portare a temine i vari progetti, perché ci mancherebbero importanti informazioni quali, ad esempio, i processi industriali utilizzati, la tecnologia e i materiali adottati, la politica commerciale e la filosofia aziendale”.
Il corso di quest’anno è supportato da un’azienda tedesca, la myBalconia, che produce arredi trasformabili ed accessori per il balcone e l’outdoor. “Le aziende straniere sono spesso più sensibili a questi temi di cooperazione, sia per questioni culturali, sia perché, nonostante si tratti di un corso universitario, il design made in Italy ha ancora un ruolo fondamentale nell’economia dei prodotti manifatturieri, perciò intendono la collaborazione come un’opportunità ulteriore per commercializzare i propri prodotti all’estero e oltreoceano. Devo ammettere che preferisco le collaborazioni con aziende italiane, per vari motivi: non ultimo quello geografico, per cui risulta più facile poter portare gli studenti in visita all’azienda e lasciare che si rendano conto con i propri occhi di cos’è un’industria e come funzionano le macchine e le varie fasi della produzione”.Il prof. Ferrari è molto attento anche a tematiche sociali: “In uno dei progetti dello scorso anno ho voluto fortemente che si sviluppasse un concept di carrello da agganciare con sistemi standard alle carrozzine per persone diversamente abili: il successo del progetto sta nell’aver realizzato un oggetto che può essere usato in casa, per spingere una pesante cassetta porta attrezzi fino dove necessario, senza doverla tenere in grembo, in modo da evitare fastidi e problemi di equilibrio, ma anche, ad esempio, al supermercato o in giro, grazie alla possibilità di agganciare al manico le buste della spesa, per poi riporlo, chiuso, nel bagagliaio dell’auto”. Un bella soddisfazione sia per il gruppo di studenti, sia per il prof. Ferrari che è da sempre coinvolto nella progettazione di ausili e soluzioni che contribuiscano a risolvere i problemi legati all’accessibilità e alle barriere architettoniche. “Sarebbe bellissimo – conclude il prof. Ferrari con un grande sorriso – se le aziende investissero maggiormente sulla ricerca e sviluppo dei propri prodotti rivolgendosi alle Università, fonte di grandi talenti, molto spesso poco valorizzati. Il mio obbiettivo è proprio quello di selezionare e creare una squadra di giovani designer che sappiano unire l’idea di prodotto alla fattibilità e alle problematiche legate ai processi industriali”.
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